Un film di Barry Jenkins. Con Luca Marinelli, Marco Mengoni, Elisa, Elodie, Kelvin Harrison Jr., Aaron Pierre, Seth Rogen, Billy Eichner, John Kani, Tiffany Boone, Kagiso Lediga, Preston Nyman, Blue Ivy Carter, Mads Mikkelsen, Thandie Newton, Lennie James, Anika Noni Rose, Keith David, Braelyn Rankins, Donald Glover, Beyoncé Knowles, Folake Olowofoyeku, Thuso Mbedu, Sheila Atim, Abdul Salis, Derrick L. McMillon, Maestro Harrell, David S. Lee. Genere Animazione - USA, 2024. Durata 120 minuti circa.Le origini di SimbaIl live-action prequel de Il re leone.di Luigi Coluccio
Nelle Terre del Branco ogni cosa ha il suo posto, anche una giovane leonessa come Kiara, principessa figlia di Simba e Nala, che come unica preoccupazione ha quella dei tuoni durante i temporali. Ed è proprio durante una notte tempestosa, quando i suoi genitori si allontanano per dare alla luce il fratellino Kion, che Kiara viene intrattenuta da Rafiki e dall'immancabile commento di Timon e Pumbaa con la storia di suo nonno Mufasa e di come è diventato re. Tutto inizia con Mufasa che è ancora un cucciolo inesperto al seguito dei suoi genitori, Masego e Afia, mentre i tre vanno alla ricerca della mitica Milele, la terra dell'abbondanza dove finalmente troveranno rifugio dalla siccità.
La Disney raduna come al solito un cast stellare, per l'Italia (tra gli altri) Luca Marinelli, Elodie, Marco Mengoni, Elisa, Stefano Fresi, Edoardo Leo.
Dove inizia il Cerchio della Vita? Se lo chiedete alla piccola Kiara, naturalmente con suo padre Simba e la lotta per riprendersi la guida delle Terre del Branco; se interrogate Simba, sicuramente da suo padre Mufasa e il viaggio per diventare il sovrano che si affaccia sulla Rupe dei Re; se mettete alle strette i dirigenti Disney, dal vertiginoso successo del film del 1994, a cui hanno fatto seguito due sequel per il mercato homevideo, altrettante serie tv, un imprescindibile musical teatrale e nel 2019 un rifacimento live action con computer grafica fotorealistica - il Cerchio della Vita e del Botteghino, insomma, dove tutto ciclicamente torna basti che ciclicamente continui ad incassare.
Mufasa - Il re leone è quindi solo l'ultimo punto di questa retta che curva su sé stessa, stavolta grazie e dopo il successo di Il re leone firmato da Jon Favreau (lo specialista Favreau, l'apripista Favreau, colui che con Iron Man ha dato vita al Marvel Cinematic Universe, con The Mandalorian ha ideato la prima serie tv live action della galassia di Lucas e con Il libro della giungla del 2016 ha definitivamente sdoganato i remake fotorealistici dei classici Disney), capace di spillare dalle sale ben 1,6 miliardi di dollari, secondo maggior incasso per un film di animazione, battuto solamente in questo 2024 da Inside Out 2.
Si riparte, insomma, con delle solide e remunerative certezze, stavolta affidando la regia a quel Barry Jenkins che dall'indipendenza si è sempre più spostato verso il centro, motu proprio soprattutto televisivo con La ferrovia sotterranea su Prime Video (ma occhio alle sue produzioni, sempre a battere sulle storie e la cultura afroamericana) e ora sul grande schermo protetto dal marchio di Topolino, a cui è stato affiancato il solito impressionante parterre di collaboratori, produttori, doppiatori - Lin-Manuel Miranda a scrivere, la Motion Picture Company agli effetti visivi, Aaron Pierre, Seth Rogen, Donald Glover, Mads Mikkelsen, Thandiwe Newton e Beyoncé (tra gli altri) a dare voce.
Rispetto al 2019, però, si entra in un campo - teorico e fattuale - più nebuloso del mero azzardo economico, perché se c'è una cosa in cui era incappato il film di Favreau è quella di esser stato accusato di essere quasi una riproposizione shot-by-shot, sequenza-dopo-sequenza, dell'originale di Roger Allers e Rob Minkoff, senza avere né la capacità né la voglia di andare oltre la mera "fotocopia" digitale - nonostante i quasi trenta minuti in più e un senso generale di aggiustamento verso gli adulti dell'operazione. Jenkins non ha il problema della copia conforme ma anzi vede - e ci mostra - un'intera prateria davanti a sé.
Sfruttando le tecniche implementate negli ultimi anni dai film in computer grafica fotorealistica realizzati dalla Disney, come il setting umorale del film del 2019, Mufasa corre all'impazzata verso la sua destinazione, libero com'è di sviluppare scenari, personaggi e momenti che si discostano il giusto da quanto già visto nella saga del Cerchio della Vita. Jenkins alterna panoramiche e handycam, deserti e montagne, inondazioni e bufere, tenendo quasi a freno la colonna sonora di Dave Metzger (e i momenti musicali di Miranda) per un più realistico commento ambientale fatto di ruggiti e lotte ferine.
Ecco, se a Favreau si poteva dire di essere rimasto schiacciato dall'ingombrante monolite del '94, Jenkins forse ha spostato troppo l'asticella verso il realismo perdendo di vista il simbolo, la figura, lo schizzo - e quindi la capacità spettacolare di penetrare l'immaginario collettivo. Dall'altro lato, però, Mufasa è una delle operazioni Disney più centrate degli ultimi anni, capace di scansare ogni attacco woke e maga grazie ad una storia che affonda le sue pulsioni narrative nel mito shakespeariano e biblico, con i soliti - per la saga - grumi di fatalismo, rivalità e predestinazione. Il Cerchio della Vita continua. Quello del Botteghino, chissà.