Un film di Andreas Dresen. Con Liv Lisa Fries, Johannes Hegemann, Lisa Wagner, Alexander Scheer, Emma Bading, Sina Martens, Lisa Hrdina, Lena Urzendowsky, Hans-Christian Hegewald, Nico Ehrenteit, Tilla Kratochwil, Fritzi Haberlandt, Rachel Braunschweig. Genere Drammatico - Germania, 2024. Durata 124 minuti circa.Tratto dalla vera storia di Hilde e Hans CoppiLa storia vera di Hilde e Hans Coppi, militanti dell'"Orchestra rossa", gruppo di oppositori al nazismo nei primi anni della guerra.di Roberto Manassero
Nel 1942, mentre l'esercito tedesco sta già affrontando le prime capitolazioni, a Berlino una giovane assistente medica Hilde Rake entra in un gruppo di oppositori al nazismo poi conosciuto come l'"Orchestra rossa". Qui, in un'oasi di pace e felicità idealmente lontana dall'oppressione del regime, Hilde s'innamora di Hans Coppi e lo sposa. Dopo un'estate passata a fare attività clandestina (per lo più volantinaggio e tentativi di inviare lettere alle forze alleate), Hilde viene arrestata dalla Gestapo e interrogata. In carcere darà alla luce un figlio, e sarà giustiziata poco dopo. Cosa resta del suo esempio?
Non sono molti i film che trattano il tema della resistenza interna al nazismo, perduta nella repressione del regime hitleriano e, almeno qui da noi in Italia, nell'oblio a cui la storia l'ha condannata.
Anni fa in Italia uscì La rosa bianca, un buon film d'impegno civile sulla vita di Sophie Scholl e del suo gruppo di oppositori (a cui anche McEwan ha dedicato pagine splendide nel suo ultimo romanzo "Lezioni"), impegnati soprattutto a diffondere volantini per sensibilizzare la popolazione tedesca durante la guerra. A quella esperienza rimandano inevitabilmente gli eventi storici raccontati in Berlino, estate '42, che ricostruisce la vita e l'attivismo della coppia di antifascisti Hilde Rake e Hans Coppi, membri della cosiddetta Orchestra rossa. A narrarne la vicenda è il veterano regista Andreas Dresen, nato e cresciuto nella Germania dell'Est, dove le vicende dell'Orchestra rossa erano circondate da un alone quasi mitologico, ma forse proprio in reazione a una simile narrazione capace di utilizzare il suo consueto stile impressionista (con immagini che del passato ricostruiscono soprattutto gli attimi, i dettagli, più che i grandi eventi) e raccontare in tono minore un'esperienza che vale soprattutto per il suo esempio, più che per i risultati raggiunti.
La sceneggiatura di Laila Stieler coglie bene, infatti, il divario fra la passione dei protagonisti (i coniugi Coppi e il loro gruppo) e il successo della loro azioni (di tutti i messaggi che il gruppo rischiò la vita di mandare all'estero, uno solo arrivò a destinazione, a Mosca), così come la paradossale spensieratezza dei membri dell'Orchestra rossa e l'effettivo pericolo criminale che affrontavano.
Nella prima parte del film, a partire dall'interrogatorio di Hilde che ripercorre liberamente il passato della donna, Dresen ricostruisce le azioni dell'Orchestra rossa e immerge il film in atmosfere dai toni idilliaci, quasi come se i personaggi non capissero in quale mondo vivano, tra l'incoscienza e la proiezione nel futuro, o il regista volesse intelligentemente accomunare la gente comune agli uomini di potere in una rappresentazione della realtà tedesca dell'epoca che aggira gli stereotipi sul nazismo e porta dentro un grande romanzo stratificato e ambiguo, in cui l'enormità del male è così pervasiva da farsi invisibile.
La qualità migliore del film (presentato a Berlino) è la finezza con cui mette in scena la "normalità" della vita sotto un regime, avvicinandosi alla complessità di anni fa, portata ai massimi livelli dal primo Heimat di Reitz. Di contro, con l'avvicinarsi dell'arresto dei Coppi, la fotografia da luminosa si fa cupa, addensando le ombre e i grigi, e porta a una parte finale che mostra in maniera classica soprattutto il destino tragico di Hilde, arrestata all'ottavo mese di gravidanza, costretta a partorire in prigione e poi decapitata nel 1943. Ma quando l'attrice Liv Lisa Fries si muove con un vestito rosso fuoco nel carcere in cui è detenuta, da una semplice apparizione si percepisce la forza della sua esistenza e di conseguenza la necessità di questo film.
Berlino, estate '42 è un ritratto dolce e malinconico di un'esperienza di militanza dimenticata dalla storia ma rivivificata dal cinema. In particolare, Dresen trasforma la cronaca storica nell'elegia di una donna indomita, spaventata e per questo umanissima, confermandosi autore capace di comporre ritratti femminili di notevole impatto, dopo Una mamma contro G.W. Bush. Nell'incontro tra storia e finzione, il regista sa fare del solido cinema drammatico, trasformando un episodio minore in un monito universale sulla necessità di resistere contro un potere abnorme.