PINO

Locandina Un film di Francesco Lettieri. Genere Documentario - Italia, 2025. Durata 91 minuti circa.Un omaggio a Pino DanieleA settant'anni dalla nascita, il primo documentario ufficiale su uno dei più amati maestri della musica italiana contemporanea.di Paola Casella


Trama

Come si fa a parlare di Pino Daniele in modo esaustivo e originale, quando da un lato il talento del cantautore e strumentista partenopeo sfugge a qualsiasi definizione e imbrigliamento, dall'altro già molto si è detto e mostrato della sua vita e carriera? Francesco Lettieri, regista e sceneggiatore napoletano con al suo attivo tanti video musicali e tre lungometraggi, fra cui Il segreto di Liberato, sceglie una strada duplice: individua nel giornalista e critico musicale Francesco Vacalebre (coautore della sceneggiatura) un Virgilio pronto ad addentrarsi nei vicoli di Napoli per scoprire il Pino più segreto, con l'aiuto del figlio del cantautore, Alessandro; e crea dei minifilm per illustrare visivamente le canzoni più amate, veri e propri spaccati di vita partenopea.
La seconda scelta forse è la meno azzeccata, poiché tutto il resto basterebbe a delineare la figura di Pino Daniele e il suo impatto sulla sua città e sulla musica, non solo italiana. È molto azzeccata invece l'idea di Lettieri di far partecipare al documentario una serie infinita di artisti che hanno conosciuto Daniele quasi esclusivamente in voce e attraverso immagini di repertorio, invece che con la classica lunga intervista posata. Pino, come dice il titolo, punta i riflettori su un gigante solo, cui gli altri - Jovanotti, Vasco Rossi, Loredana Bertè, Eric Clapton, Pat Metheney, Chick Corea, Fiorello, Lello Arena e, in filmati d'archivio, Massimo Troisi e Maradona - fanno corona a debita distanza.
A distanza più ravvicinata ci sono invece gli artisti suoi più stretti collaboratori, quelli che con lui hanno reinventato la musica napoletana smarcandosi dagli stereotipi del bel canto e del gesto plateale, e attingendo al blues e al jazz: Tullio De Piscopo, Enzo Avitabile, Tony Esposito, James Senese. Il lato più privato di Pino è raccontato da Alessandro Daniele, dalla ex moglie Dorina Giangrande e il di lei fratello: peccato che la loro collaborazione costi al documentario l'esclusione totale della seconda moglie Fabiola Sciabbarrasi e dell'ultima compagna Amanda Bonini, ma soprattutto dei tre figli che Pino Daniele ha avuto con Sciabbarrassi, dopo i due con Giangrande. Vengono ricordate invece "zia Bianca e zia Lia", accanto a cui Pino è cresciuto, nonché le ombre di un padre violento e ludopatico e di una sorellina minore morta ancora bambina.
Ma in Pino a parlare sono soprattutto la sua musica e le tantissime immagini che raccontano una Napoli underground fra gli anni Settanta e il 2015, quando il cuore del cantautore ha ceduto, a 60 anni non ancora compiuti: una città sgarrupata che ha davvero mille colori, e nella quale il ragazzino timido e occhialuto ha trovato la sua strada suonando la chitarra e cantando con la sua voce roca e gentile. Perché Pino Daniele voleva solo fare musica, rimanendo la persona di cuore, "ma proprio cuore, cuore, cuore" (come dice il percussionista Rosario Jermano) che è sempre stato.
Il suo "Neapolitan power" ha trascinato con sé un'intera città e un'intera nazione, e poi ha trovato collegamenti nel resto del mondo, fra artisti internazionali con cui cercava "un rapporto umano, prima di tutto". Pino Daniele è stato "un punto di luce" per molti, "costringendoli a fare sempre meglio". Il suo messaggio era più sociale che politico (ma proprio perché sociale è stato anche fortemente politico), la sua inclusività ante litteram non conosceva confini, la sua voglia di unire blues e radici mediterranee ha fatto sì che lo capissero tutti, e lo accogliessero come lui accoglieva loro attraverso la musica. E il brano inedito con cui si chiude il documentario è un regalo a sorpresa, un viatico per non uscire di sala solo con il rimpianto e i lucciconi.